Sotto il barco sedeva lei: china su un basso sgabello di legno, che lui le aveva costruito a posta, a “far fora i venchi”.
Indossava un grembiule rosso acceso, abbottonato davanti, sopra la gonna che era solita portare.
Il pavimento era uno sterrato talmente compatto che pareva cemento.
Alla sua sinistra i “venchi” da ridurre a laccio, a destra quelli attentamente ripuliti. Poco più in là le “fassìne” pronte, sapientemente legate con uno dei rami più sottili.
Era un’arte che aveva imparato a sua volta dagli anziani della famiglia, e ora toccava a lei. Con la forbice ormai esperta riduceva le ramaglie in venchi ad una velocità che solo gli anni di maneggio le avevano consegnato. Preparare le fassìne le piaceva e questa era la sua postazione.
Ma cosa sono i “venchi” e cosa avevano a che fare un tempo con le viti?
Sono detti “venchi” i giunchi di salice non piangente: Salix purpurea – il salice rosso; oppure Salix vitellina – il salice giallo.
Questo particolare albero veniva piantato in capo ad ogni filare del vigneto per la particolare consistenza del legno. I rami che nascevano nell’anno infatti erano lunghi, sottili, flessibili, ma anche abbastanza resistenti. Per questa loro particolare caratteristica, le piante adulte venivano capitozzate e le ramificazioni del salice venivano ridotte in fuscelli singoli: i giunchi (venchi), lunghi circa 1 metro e successivamente raggruppati in fasci o mazzette di circa 20-25 cm di diametro ciascuna (fassìne).
I fuscelli servivano a legare nella posizione desiderata i tralci produttivi delle viti durante la potatura invernale.